la mattina del 5 novembre 1999 non me la scorderò mai.
Compivo 29 anni, ma non solo. Mi svegliai a casa e scesi di prima mattina a prendere il latte per mio figlio Tommaso, un minigirasole di 3 anni.
Il cielo enorme, di un azzurro indescrivibile. Tutto sembrava così assurdo nella mia testa… Mi bloccai in mezzo alla strada, ad ammirare l’azzurro tra le montagne limpide, aspettando di vedere da un momento all’altro sopra di me qualche astronave gigantesca made in Miyazaki. Infatti tutto poteva accadere in quei giorni, persino che i miei c|o|d, una band di Trento, un gruppetto di provincia di amici fraterni, potesse arrivare ad aprire i concerti del tour di post orgasmic chill, il disco più bello e potente degli skunk anansie.
La notizia era di 10 giorni prima, e me la diede Armando, mio collega d’ufficio di allora. Nella sala dove si movimentavano i camion la sentirono tutti, in diretta, fresca fresca di Radio Deejay.
Chiamai subito la nostra casa discografica dell’epoca; e quando quelli dell’etichetta mi confermarono la notizia rimasi basito.
Vi ha voluto Skin, ci dissero!! Per inciso—>quel disco degli Skunk lo sapevo a memoria.
Ma quella sera del 5 novembre, appena visto il Filaforum dal lunotto del furgone lungo la tangenziale della città da bere, ho provato la sensazione più pazzesca della mia vita musicale.
Ricordo perfettamente di avere stretto la mano di max il batterista fortissimo, senza dire nulla, e ricordo anche la risata nervosa e piena di gioia che ha pervaso l’abitacolo del furgone dei c|o|d di allora.
Ma dove ci siamo portati ragazzi?
i Km fatti a cazzo, i concerti suonati davanti ad una manciata di persone, i concorsi andati male, le facce di culo dei gestori dei locali che non ci facevano suonare perché “non fate le cover”, furono tutte ripagate in quel preciso momento. Tutti i sacrifici sembrarono avere un senso, e ci parse che il mondo fosse momentaneamente diventato un luogo giusto.
Entrammo dall’ingresso delle star, scaricammo il furgone come sempre e dopo avere risolto tutto il massacro tecnico ed organizzativo che potete immaginare ci recammo in camerino.
Sorpresa 1
Frutta, birra e toast farciti ci aspettavano, ma su tutto questo giganteggiava una bottiglia di spumante in fresca, avvolta in un foglietto:
“Hi c|o|d !! Welcome on tour-Skunk Anansie” e le firme di tutti i componenti in calce.
Quella era la tournée trionfale degli Skunk, il loro disco più venduto, e partiva quella stessa sera a Milano, per poi spostarsi nei giorni successivi al Palaverde di Treviso, al Palaeur di Roma per finire al palazzetto dello sport di Firenze.
Decidemmo di portare la nostra squadra di fonici, tecnici e roadie. e ci accordammo con lo staff tecnico degli Skunk che ci avrebbero “noleggiato” il loro mixerista di palco, figura mitica di ogni backstage di un certo livello, e grazie al quale i musicisti riescono a sentire l’esecuzione propria e quella dei compagni senza che il suono che esce dall’impianto grosso sovrasti tutto.
E qui abbiamo sorpresa 2:
Qualcosa in quella sera del 5 novembre non funzionò, e quando fu il nostro turno il mixerista di palco inglese decise che era il momento di andare a cena, lasciandoci così a suonare i primi due pezzi della scaletta senza accendere i monitor, su un palco gigantesco, con il roboante riverbero di ritorno di un palazzetto dello sport da diecimila posti.
Suonammo a memoria la scaletta, che oramai eravamo davvero una macchina da guerra, ma io non potevo sentire né la mia voce né i miei compagni; cantai in apnea, con voce rigida, ma alla fine || andò tutto bene..
Nelle serate successive andò tutto ancora meglio e a gonfie vele, con Skin che si presentava timida, e nascosta sotto il cappuccio della sua felpa a bordo palco per ascoltarci, tutte le sere.
L’ultima sera a Firenze mi parve di vederla canticchiare dal mixer “le balene”
CI sentimmo forti ed invincibili, ed anche se avrei voluto con tutto me stesso chiamarla in mezzo al palco a cantare con me, me ne mancò il coraggio; non ebbi il coraggio di andare dagli skunk nei camerini a ringraziarli ed abbracciarli, e fare bisbocce insieme; avrei voluto chiedere loro di duettare con noi sul prossimo disco, di trovarci ed invitarli tra le mie splendide montagne, magari, ma temevo mi avrebbero preso per un pivello, e travestii la mia rossa insicurezza coi colori tenui della timidezza.