Estate 1987, Marktheidenfeld, Baviera, Germania.
Ho 16 anni quando scopro Lucio Dalla.
Una cassetta rossa, targata RCA, prestata da Fratel Tronky, il mio amico di sempre, caricata come una scorta di proiettili nel mio Walkman:
In sequenza partono “Cara” e “Meri Luis”
saluto tutti, ringrazio e cambio vita.
Seguiranno infiniti ascolti ed avventure, di come è profondo il mare, e anidride solforosa, di anna e marco, cosa sarà..
di Futura
di Caruso
Si,
lo so che ho gusti poco raffinati ma Io, Caruso se l’ascolto, piango.
Mi trema il DNA
è il 2009 quando, grazie al mio amico Marco (Dallago, fonico di valore nazionale) vengo a sapere che luciodalla illostesso sta cercando nuove penne per il suo prossimo album.
Decido senza indugio di fare un piccolo estratto di miei brani da fare sentire a questo gigante della musica italiana, e di mandare così, senza colpo ferire, un CD alla sede della Pressing Line, l’srl di Dalla, il suo braccio produttivo ed economico.
Mi chiedo quali delle mie canzoni utilizzare per fare colpo, quali potrebbero essere quelle giuste.. quelle orecchiabili e più commerciali, oppure quelle compositivamente più intriganti?
Chi vincerà nella scelta: il dalla artista o il dalla-macinasoldi?
non ho dubbi. L’artista.
decido quindi di mandare “l’assenza” come prima scelta, un brano scuro, strambo, basato su 4 accordi, con un testo calmo, ma cattivissimo.
Dopo 4 giorni 4 mi squilla sul cellulare un numero 051
Bologna penso.
Per un microsecondo mi passa per la testa che possa essere la Pressing line, ma il pensiero è veloce come una scarica elettrica e nel mio cervello si fanno strada ipotesi assai più semplici e realistiche.
E invece no
dall’altra parte una voce bolognese di donna sulla cinquantina mi dice: Pressing Line buongiorno, Emanuele? sssiii?!
Le passo Lucio Dalla.
Mi risveglio una settimana dopo, catapultato in un quadro psichedelico e caravaggesco allo stesso tempo; mi trovo in Via D’Azeglio, a Bologna.
Sono nella sede della casa discografica di proprietà di Lucio Dalla:
è una casa medievale nel cuore della città, affreschi sontuosi inframmezzati da immagini in cui compaiono copertine di album che ho adorato, immagini di star della musica, del cinema e della Formula 1. Disegni di Fellini, e dediche di musicisti, pittori, poeti.
Mi trovo a Bologna.
Ai bordi, sul lato esterno dei miei occhi si trovano Paolo l’assistente e Luca detto il buono, il factotum di San Lucio; sulla sinistra un ragazzo giovanissimo di nome Marco Alemanno, il produttore, e di fronte a me c’è il suo anziano compagno, disteso su una poltrona lettino in stile liberty; ha mal di denti: si chiama Lucio. Lo osservo bene, focalizzo. È proprio Lucio Dalla.
Mi sta parlando della mia canzone, mi chiede del perché di quella rima, e se non sarebbe stata meglio un’altra parola, al posto di “innanzi”, del come mai quell’inflessione sul vocoder… gli spiego con naturalezza da scrivimusica le mie scelte, e lui capisce al volo, commenta, ha un paio di suggerimenti fulminanti, ed io continuo a non essere sicuro di dove mi trovo… sto parlando con luciodalla in persona e ci capiamo a manetta e così passiamo un’ora buona a parlare una lingua sconosciuta per gli astanti, inframmezzata da sue telefonate con sindaco di Taormina ed una conversazione colorita con Fiorella Mannoia. Lui le dice che andrà a vederla la sera dopo, e che ora è qui con Lello, un bravo musicista dal Trentino… Dalla da un nomignolo a tutti e decide di chiamarmi Lello (proprio come Ivan, “buon segno”, penso), e mi piace moltissimo il modo in cui lo fa. Gli racconto chi sono e cosa faccio, gli chiedo cosa vuole fare con la mia canzone: vuole registrarla immediatamente, che gli piace e lo ha colpito, molto. Dice che gli è piaciuto il testo e il fatto che l’armonia principale sia una semplice successione di 4 note, sempre uguali.
Intorno alle 1530 mi dice: “Lello, io vado dal dentista ‘che ho una granata in bocca, poi passate a prendermi che andiamo in studio e me la insegni a cantare”
la mia mascella non è mai stata così aperta. La mia ascella mai così sudata.
Non ci posso credere.
Lui se ne va, e comincia un turbinio di domande di Paolo, mentre ascoltiamo un po’ di brani del mio repertorio nanico e c|o|d mi chiede notizie circa una mia disponibilità di dare un brano (lowrenzo) a Vasco Rossi, o lavorare insieme su scaraventa cielo. [:-O], nonostante le belle parole Paolo mi comunica una certa ostilità, ma forse sono io che me la meno… Marco, poco dopo mi mostra le sue fotografie chiedendomi commenti, e cerco sinceramente di interessarmene, anche se dentro sto già pensando a come sarà lo studio, a come cominciare a registrare, a dove partire per fare un lavoro fatto bene.
Le domande sono molte ma la testa è altrove. Con il senno di poi credo che Marco abbbia scambiato la mia assenza per disinteresse.
Dopo un’ora e mezza di interrogatorio mi portano in un bar e mi chiedono se prendo un caffè mentre il Buono va a prendere l’utilitaria; avverto una sensazione strana, ma che proviene sicuramente da dietro… come un qualcosa di appuntito in avvicinamento… ci avviamo poco dopo dal dentista a prendere Lucio.
Appena giunti Marco, il produttore-compagno-fotografo, esce di volata dall’auto e ci dice che va di sopra a prenderlo.
Dopo qualche minuto entrano in auto e Dalla mi dice, sbrigativo, che il suo produttore gli ha ricordato che hanno un brano da finire, e che preferisce non intrattenermi, che ho figli.. Io chiedo se posso andare comunque in studio con loro, spiego che posso anche aspettare due o tre giorni e che per me è onore ed un’opportunità grandiosa ed irripetibile.
Due o tre silenzi dopo arriviamo alla mia macchina.
Vorrei aggrapparmi alla portiera e non mollare, ma vedo che il Buono è in pena per me; chissà quante altre volte ha assistito a scene così. Capisco che non c’è più nulla da fare. Ho fatto / detto qualche cosa che non andava. o così credo.
Lucio mi dice di mandargli le tracce separate che se le studia, e che se ho altri brani inediti di sistemarli perché vorrebbe proprio che non ci perdessimo.
Mi lasciano scivolare fuori dall’auto, e resto li,
proprio come un deficiente.